Fu, forse, una certa consuetudine con l'arte veneta, ancora oggi testimoniata dai frammenti dell'antico polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini, destinato alla Collegiata, a spingere gli Agostiniani di Montolmo, oggi Corridonia, a commissionare a Carlo Crivelli un'opera per la loro chiesa. Del probabile originario polittico, rimane soltanto l'elemento centrale con la Madonna che allatta il Bambino e che reca ancora lungo il margine superiore le tracce di una incorniciatura ad arco acuto. I pannelli laterali, di cui peraltro non restano documentazioni, sono andati probabilmente dispersi dopo il 1652, in occasione della soppressione del convento, a seguito della Bolla di Innocenzo X.
Contrariamente alle altre opere marchigiane, la tavola di Corridonia non ha goduto di particolari attenzioni da parte della critica settecentesca e ottocentesca. Ignorata dall'abate Luigi Lanzi, nato proprio a Montolmo, e dal marchese Amico Ricci che dalla vicina Macerata non avrebbe certo avuto difficoltà a esaminarla direttamente, la Vergine che allatta il Bambino non figura elencata nemmeno in un manoscritto di Gaetano De Minicis della Biblioteca Comunale di Fermo. Questi descrive puntualmente i dipinti quattrocenteschi conservati nella sacrestia della Collegiata di Montolmo, attribuendo a Carlo Crivelli o al fratello Vittore le sei figure di Santi dei fratelli Vivarini, ma stranamente non commenta l'unica opera autografa del maestro veneziano presente nella cittadina maceratese. Le ragioni di questo inspiegabile silenzio da parte degli studiosi locali vanno ricercate nel cattivo stato di conservazione del dipinto che, fino al 1925, presentava un'estesa ridipintura, realizzata forse nel corso del XVIII secolo, quando la Confraternita del Santissimo Sacramento, divenuta nel 1725 altarista della chiesa di S. Agostino, attuò un ammodernamento dell'antico edificio.
A partire dallo studio del Rushfort, ma in modo particolare dopo le mostre di Ancona (1950) e di Venezia (1961), la tavola di Corridonia è entrata a pieno titolo nell'ambito delle opere di sicura autografia crivellesca. Secondo lo Zampetti, essa prelude al grande polittico di Ascoli, datato 1473, e si colloca in un tempo prossimo alla Madonna di Poggio di Bretta (Ascoli Piceno, Museo Diocesano) e ai due trittici di Valle Castellana. La tavola di Corridonia esprime un tratto più raffinato rispetto a queste ultime opere destinate alle chiese periferiche della Diocesi ascolana e il Crivelli vi dispiega l'impegno riservato alle sue migliori creazioni. Se infatti la qualità della tavola di Corridonia può essere considerata prossima a quella del polittico della Cattedrale di Ascoli, taluni brani reggono bene il confronto anche con analoghe soluzioni proposte nel polittico di Montefiore dell'Aso.
Il tema della "Madonna del latte" svolto dal Crivelli in questa tavola, conobbe grande fortuna nella pittura marchigiana a partire dalla metà del XIV secolo: lo attestano, fra le altre, le immagini devote affrescate dal Maestro di Offida nella chiesa di S. Tommaso ad Ascoli Piceno e nella cripta della Prepositura farfense di S. Maria della Rocca che propongono con minime varianti la figura della Vergine assisa maestosamente in trono nell'atto di porgere il seno al Bambino che si stringe a Lei con moto di intimo affetto. Parallelamente a questa iconografia, si diffondeva nelle Marche anche quella della "Madonna dell'Umiltà", dove la Vergine allatta il Bambino stando seduta a terra su un ricco tappeto o cuscino di velluto. A questo schema sono improntate le immagini dipinte da Allegretto Nuzi e dal suo fedele allievo Francescuccio di Cecco Ghissi, ma anche la bella tavola di Corridonia firmata da Andrea da Bologna (1372), essa pure un tempo nella locale chiesa agostiniana.o